Il testo è un Amleto rivisitato, spiato dal buco della serratura attraverso lo sguardo colmo di dabbenaggine
dei due protagonisti Rosencrantz e Guildenstern che, quando guardano l’intera vicenda del principe
danese, ne colgono soltanto i tratti surreali e farseschi.
Stoppard, è noto al grande pubblico per aver scritto la sceneggiatura di Shakespeare in love dove si
intrufolava nel dietro le quinte di Romeo e Giulietta, mentre con Rosencrantz e Guildenstern sono morti si
butta a capofitto nel backstage dell’Amleto. Prende, infatti, due personaggi secondari dell’Amleto di
Shakespeare, Rosencrantz e Guildenstern, e ne fa i protagonisti di una commedia dai toni bizzarri.
In scena una coppia di grandi attori – Francesco Pannofino e Francesco Acquaroli, rispettivamente nei
panni di Rosencrantz e Guildenstern – diventa un duo di maschere tragicomiche, accompagnata da Paolo
Sassanelli nel ruolo del Capocomico.
Al centro della nostra messinscena una grande macchina scenica, un marchingegno medievale che
mescola il teatro/carro della Commedia dell’Arte con il palcoscenico a due piani tipico del teatro
elisabettiano; una scenografia giocosa e mutevole, in continuo movimento, che si trasforma ora in teatro,
ora in castello, ora in nave.
Anche i costumi d’epoca possono essere trasformati e alterati, in una dinamica che continua a esplicitare il
teatro dentro il teatro. Del resto, se Stoppard, con la sua pièce vuole rileggere l’Amleto in chiave comica
anche la nostra messa in scena vive di questa suggestione metateatrale.
Uno spettacolo giocoso, dinamico, dal sapore del teatro di strada, popolare – nel senso più
shakespeariano del termine – espressione di un teatro stratificato che possa emozionare e parlare a tutti.

